Domenica 10 settembre

Ez 33,1.7-9; Rm 13,8-10; Mt 18,15-20

Il fratello è importante. Abbiamo il grande dono di non essere soli, ma siamo parte di un popolo in cammino verso il Signore. L’essere e sentirci insieme riguarda anche il rapporto di ognuno e di tutti con la Parola del Signore alla quale siamo tutti sottomessi e della quale siamo tutti testimoni. È questo che dà forza al rimprovero nei confronti di chi sbaglia; persino quando Gesù dice che alla fine – dopo i vari e progressivi tentativi di richiamo – il fratello deve essere “come il pagano e il pubblicano”, non vuol dire che non è più possibile riconquistarlo, ma che bisogna ricominciare da capo come se fosse un pagano. Non a caso, appena prima, Gesù aveva pronunciato la parabola della pecora perduta, dichiarando che la gioia di chi riesce a ritrovarla è ben più grande rispetto a quella per le novantanove rimaste al sicuro.

È importante la parola fratello: scopre i rapporti interpersonali, ma mostra anche la prima verità della nostra fede, che c’è un Padre. Dio è padre e noi siamo tutti fratelli; questo è il codice genetico dell’umanità. La parola fratello era già nel discorso della Montagna, quando Gesù ha svelato che la grande beatitudine è quella di essere figli di Dio; questa è la nostra condizione: tutti figli, tutti fratelli. Al fratello non si può più dire neanche stupido. In questo stesso capitolo si parla dello scandalo dei piccoli. Chi è questo piccolo? Innanzitutto è il discepolo, ora è anche il fratello peccatore. Il “piccolo” va accolto perché attraverso di lui si accoglie Gesù e il Padre. Se il “piccolo” può essere guadagnato, significa che il fratello è un bene che si può acquistare o perdere. Abbiamo bisogno dei piccoli; sono soprattutto loro gli amici che ci aiutano ad entrare.

A proposito del legare e dello sciogliere, del rapporto fra il cielo e la terra. Si comprende come ci sia una vera corrispondenza fra cielo e terra. Dal cielo la storia è discesa sulla terra, ma nel vangelo succede l’opposto: quello che è assolto sulla terra ha un potere decisivo in cielo. La condizione migliore è quella dell’accordarsi: è la sinfonia, il sentire insieme per poi chiedere (pregare) insieme. Gesù è perentorio: quello che è chiesto è ottenuto. Tra le sinfonie della Chiesa, la liturgia, la comunità riunita nel nome di Gesù, la famiglia cristiana, la parrocchia come famiglia di famiglie, il presbiterio intorno al vescovo, le Chiese locali in unità col Papa… La Chiesa è sinfonia e ogni sinfonia (anche fra due o più) è segno ed evidenza della Chiesa, la comunità dei fratelli che si sentono figli dello stesso Padre.

L’essere riuniti nel nome del Signore è già un’azione del Cielo perché i due o tre sono stati riuniti nel nome del Signore e questa è opera dello Spirito Santo, il legame fra Padre e Figlio, la loro estasi. È opera e presenza dello Spirito; per questo Gesù dice: “Lì sono io in mezzo a loro”.