Domenica 20 agosto

Is 56,1.6-7; Rm 11,13-15.29-32; Mt 15,21-28

Domenica scorsa i testi della Messa presentavano il volto di Dio, che è quello dell’amore che dà all’uomo speranza nelle difficoltà, come “il sussurro di una brezza leggera” nell’afa infuocata del deserto. La Messa di oggi, nei suoi testi, aggiunge un altro tassello alla nostra conoscenza del Signore. Il Dio di Gesù Cristo, donatore di speranza, per chi è, chi ama, chi vuole salvare? È il tema della destinazione della salvezza: per un popolo solo, o per tutti i popoli?

Ecco allora l’insegnamento, a partire dal brano di Isaia: “Gli stranieri che hanno aderito al Signore li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera”. In altre parole: il Signore è Dio di tutti e per tutti; non fa distinzione di persone o di popoli; anche gli “stranieri”, cioè i non ebrei, sono chiamati a far parte della casa di Dio, che sarà “casa di preghiera per tutti i popoli”. Siamo vari secoli prima di Gesù Cristo, ma la scelta di Dio è già chiara: il suo progetto di salvezza è universale. Dio non si impone a nessuno: ma – aggiunge Isaia – coloro che vogliono essere salvati, devono scegliere di “servire e amare il nome del Signore” e “restare fermi nella mia alleanza”. Nell’incontro tra l’offerta di Dio e l’accoglienza da parte degli uomini si concreta la salvezza: anche gli stranieri, dice Dio, “li condurrò sul mio monte santo”, e “i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare”.

Il tema della salvezza universale torna anche nel brano della lettera ai Romani, nel quale Paolo, parlando del rifiuto degli ebrei di accettare la salvezza offerta da Cristo, sottolinea che il loro rifiuto è stato l’occasione per “una riconciliazione del mondo” intero. Gli apostoli, infatti, rifiutati dal popolo ebraico, si sono rivolti al mondo dei pagani che non conoscevano Dio. La conclusione è una nota di speranza per tutti: gli ebrei non sono rifiutati da Dio, perché “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”; ma la loro disubbidienza ha fatto sì che anche agli altri venisse donata la chiamata di Dio che è “misericordioso verso tutti” senza distinzione.

Di tono diverso si presenta, a prima vista, il brano evangelico della donna cananea che chiede a Gesù la guarigione della figlia; Gesù, inizialmente, si mostra duro con questa donna: prima “non le rivolse neppure una parola”, poi aggiunge che la sua missione è solo per gli ebrei, giungendo ad affermare che i suoi doni sono solo per i “figli” e non per i “cagnolini”. Alla fine però ci accorgiamo che l’atteggiamento di Gesù è stato un espediente per fare emergere la fede grande di questa donna straniera, che non conosce il Dio d’Israele, ma crede in Gesù e nel suo amore. Per questo Gesù guarisce la figlia di questa donna, affermando “grande è la tua fede”. Anche in questo caso: la salvezza non è frutto dell’essere ebrei o non ebrei, ma della fede in Gesù. Il Signore non fa differenze di persone o di popoli: chi crede in lui, con amore, ottiene la sua grazia e la sua salvezza.