Corpus Domini

foto SIR/Marco Calvarese

Dt 8,2-3.14-16; 1Cor 10,16-17; Gv 6,51-58

La solennità del “Corpo e sangue del Signore” – come quella della Santissima Trinità –, posta al limitare tra il ciclo liturgico della Quaresima/Pasqua e la ripresa delle domeniche del Tempo Ordinario, ha una funzione non anzitutto storica, bensì catechistica illustrando il mistero dell’Eucaristia attraverso i testi biblici.

Il brano del Deuteronomio presenta l’insegnamento di Mosè al popolo d’Israele che si apprestava a entrare nella terra promessa. I quarant’anni nel deserto sono stati il “cammino che il Signore ti ha fatto percorrere”; è stato Lui che “ti ha condotto” nelle difficoltà del cammino, nel quale “ti ha nutrito di manna”, “per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore”. L’Esodo come metafora della storia della Chiesa: cammino nel deserto, guidato dal Signore, che nutre il suo popolo con un pane che è esclusivo dono del suo amore. Profezia, questa, del pane eucaristico che Gesù darà al nuovo popolo perché, con la forza di questo pane, cammini nella storia fino alla patria celeste.

Nel Vangelo, Giovanni narra l’adempimento della profezia; il pane che nutrirà il nuovo popolo di Dio è annunciato da Gesù nel confronto con la gente nutrita con la moltiplicazione dei pani: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Una cosa incomprensibile per chi ascolta. Ma Gesù non demorde; ritiene irrinunciabile questo “cibo”: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”. E annuncia i frutti di questo pane: la garanzia della vita eterna, la certezza della risurrezione nell’ultimo giorno, la possibilità di “rimanere” in lui e di vivere per Lui. Con l’aggiunta: “Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda… Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. La realizzazione dell’antica profezia viene qui annunciata, per essere poi resa concreta con l’istituzione dell’Eucaristia nell’ultima cena.

La prima lettera ai Corinzi conclude l’insegnamento, indicando gli effetti di salvezza dall’Eucaristia: il calice e il pane eucaristici sono “comunione con il sangue di Cristo” e “comunione con il corpo di Cristo” e creano comunione tra i cristiani: “Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane”. Dopo la profezia e il compimento, ecco i frutti di salvezza: nasce la Chiesa.

La celebrazione eucaristica – sottolinea la Costituzione “Lumen Gentium” del Concilio Vaticano II – è “fonte e culmine di tutta la vita cristiana”; mentre la Chiesa “fa/celebra” l’Eucaristia, ecco che l’Eucaristia “fa/costruisce” la Chiesa.