Domenica 4 febbraio

Isaia 6,1-2.3-8; 1Corinzi 15,1-11; Luca 5,1-11 È la parola di Gesù che infiamma cuore e mente delle persone. Non è una parola che annuncia l’esito, ma è un invito a fidarsi. Il capitolo cinque del Vangelo di Luca inizia con una scelta di parte: seguire il Figlio di Dio implica la fiducia senza che questa sia bollata su carta intestata alla presenza del notaio. Al gesto del lavare le reti, ovvero, la fine del lavoro al termine della giornata, corrisponde l’inizio dell’attività di Gesù nel cuore degli uomini. Loro tornano a riva, lui prende il largo. Loro sono stanchi e demotivati, lui diviene per loro forza e motivazione: “Sulla tua parola”. Credo che tale passaggio caratterizzi fortemente lo stile della grande mole di lavoro pastorale che anima l’agire della Chiesa nelle sue varie forme. A un bambino che chiedesse per quale motivo si fanno tante cose in parrocchia, la risposta può essere molteplice, ma il perno credo essere questo: per amore della Parola di Dio e l’impegno di tradurla nella vita quotidiana. È indicativo lo stare in piedi di Gesù mentre annuncia la Parola alla folla. Lo stare in piedi è il simbolo della partenza, della prontezza, del passare da un luogo ad un altro, da una situazione ad un’altra. Ma nello stare in piedi vi è rappresentato anche l’atteggiamento interiore: la disponibilità a partire, a mettersi in cammino e a viverlo con totale fiducia. E la scelta successiva di Gesù indica proprio la caratterizzazione della fiducia: salire sulla barca, dalla terra ferma all’acqua. È una scelta di fondo, di qualità, di essenza. La sua scelta è una indicazione orientata verso l’abbandono attivo in lui, ovvero, il ritrovare e ricevere senso alla propria nella misura in cui si lascia la terra ferma. L’abbandono passivo, quanto mai rischioso e insidioso nella vita personale e comunitaria, ha il sapore del radicarsi nella terra ferma, simbolo delle proprie certezze, ottiche corte e strette, false gratificazioni che si chiudono ad ogni invito di Gesù. La parola di Gesù segna l’azione diretta nell’uomo: “Prendi il largo, Simone”. La vita cristiana non è trovare “la fine” del proprio essere, ma “il fine” di essa. Ogni scelta parrocchiale, di vita consacrata, in ambito nazionale e locale dovrebbe essere sempre segnata da questo iniziale “prendi il largo”. In tale espressione, che si traduce poi in accoglienza e fiducia, è concentrato il cuore del cristianesimo: prendi il largo, o uomo, o popolo, perché tu possa allargare il tuo cuore e i tuoi orizzonti e imparare a ridisegnare i propri percorsi in quelli di Dio e della fede in lui. Difficile tracciare una strada nel mare, ma non impossibile se la pianta di navigazione è la sua Parola e il suo darsi nei Sacramenti. Gesù si siede sulla barca posta sull’acqua. È la barca della croce che è immersa nell’amore di un padre verso il figlio. Un amore così grande, generoso ed immenso che non è possibile contenerlo tutto per sé. È fondamentale la relazione con e per gli altri. L’accorrere delle altre barche per raccogliere l’abbondanza di Provvidenza venga anche letto come un forte invito per le singole comunità cristiane a lavorare e camminare sempre più assieme. Lo stare sulla propria barca, illudendosi di saper pescare da soli, è illusorio e fallimentare, proprio perché la Grazia di Dio si coniuga con i verbi al plurale: “Calate le reti, vennero e riempirono”. Simon Pietro riconosce la mancanza di fiducia non nel gettare le reti, ma quando si trovare costretto a chiamare i suoi compagni. Il cristianesimo è questa permanente pesca che porta frutto solo se vissuta nel nome di Gesù e della sua Parola, se vissuta in comunione e non divisione, se apre alla misericordia di Dio e non chiude nel proprio egoismo. È nell’accoglienza nella propria vita di Dio, che si è poi capaci di chiamare altri a fidarsi di lui. Giacomo Ruggeri