Una cultura per l’incontro

Per Benedetto XVI lo studio non era una fredda collazione di dati, ma comunione con il Lògos, la “potenza originaria e comprensiva d’ogni essere” come scrisse nel 1969 in "Introduzione al Cristianesimo". L’essere non è stato mai per lui solo ricerca, ma partecipazione umana, avvicinamento anche emozionale al Principio perduto e sempre bramato, anche perché parlando del Quarto Vangelo scrisse che qui emerge più che altrove come in Gesù la Legge sia diventata Persona

(Foto AFP/SIR)

Tra le cose che Benedetto XVI ci ha lasciato nel suo cammino anche culturale, certamente l’Agostino “sociale” della sua tesi in Filosofia e Teologia a Frisinga, anche perché la mistica dell’autore delle Confessioni non perdeva mai di vista il rapporto con il popolo; ma anche san Bonaventura, oggetto di una dissertazione per l’accesso all’insegnamento accademico, che fu vista con sospetto di modernismo da parte di alcuni, e che in realtà metteva in luce il confronto tra l’autore dell’Hexaëmeron con Gioachino da Fiore in una concezione tutt’altro che prossima al radicalismo di molti gioachimiti.
Se era avverso al comunismo, non lo era in una meccanica prospettiva “destra”-“sinistra”, che lascia il tempo che trova all’interno di una dimensione molto diversa da quella politica. Per lui lo studio non era una fredda collazione di dati, ma comunione con il Lògos, la “potenza originaria e comprensiva d’ogni essere” come scrisse nel 1969 in “Introduzione al Cristianesimo”. L’essere non è stato mai per lui solo ricerca, ma partecipazione umana, avvicinamento anche emozionale al Principio perduto e sempre bramato, anche perché parlando del Quarto Vangelo scrisse che qui emerge più che altrove come in Gesù la Legge sia diventata Persona.

E il pensiero non può non andare, fin dal nome scelto al momento di salire al soglio pontificio (che era soprattutto un omaggio a Benedetto XV), al grande, e attualissimo, a distanza di millecinquecento anni, esempio di Benedetto da Norcia, al suo rifiuto di una società decadente e classista e alla sua scelta di ritrovare una esistenza comune e a misura d’uomo nella preghiera e nel lavoro della terra.

Anche nelle sue preferenze emergeva un Ratzinger diverso dalla immagine purtroppo vulgata di studioso freddo e razionale: tra i suoi autori troviamo quel Gilbert K. Chesterton che avversava l’accumulazione fine a sé stessa del capitale in favore di un “distributismo” che evitasse la disumanizzazione non solo del capitalismo selvaggio ma anche del comunismo sovietico. E non è un caso che tra i protagonisti dei romanzi di Chesterton non ci fosse solo un povero prete-investigatore, ma anche, come in L’uomo che fu giovedì, poliziotti altrettanto investigatori e proletari. E, per chi non lo conosceva bene sarà una sorpresa, oltre che Heidegger e Jaspers e il “pensiero personalista”, anche l’Hermann Hesse de Il lupo della steppa, perché per Ratzinger lo scrittore con quel libro aveva anticipato tutti i problemi esistenziali che sarebbero esplosi negli anni Sessanta-Settanta del Novecento.
Nel 2009, con l’enciclica Caritas in veritate Ratzinger elaborava una “ideologia” diversa da quelle tradizionali del mondo politico, in cui era fortissima l’attenzione alle classi sfruttate con l’attacco ad un capitalismo selvaggio che aveva come unico scopo l’arricchimento di pochi, tornando sulla centralità e la nobiltà del concetto di lavoro, a partire dagli ultimi.

L’uomo è il centro, nel pensiero di Benedetto XVI, della storia, non il denaro ed il profitto.

Nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace, come pontefice aveva di nuovo affrontato il tema dell’economia mondiale: l’economia non può essere scissa dall’etica, e “le crescenti diseguaglianze tra ricchi e poveri”, la “mentalità egoistica e individualistica” erano a suo avviso alla base della gigantesca tensione internazionale dovuta anche e soprattutto alla grande risi economica del 2008-9. Il suo era un attacco esplicito e dichiarato al capitalismo finanziario completamente libero da regole.
Come si vede, Ratzinger assume anche qui una posizione certamente a favore dei poveri che però è distante dalle ideologie marxiste, il che dimostra come in campo teologico siano insufficienti le classificazioni destra-sinistra invalse nel mondo della politica e delle ideologie. Se mai quella denuncia delle derive capitalistiche nasce dal lungo cammino del pensiero sociale della Chiesa e delle scelte di stare dalla parte degli ultimi che preti e laici hanno pagato e stanno pagando a caro prezzo.
Per Benedetto XVI l’essere cristiano voleva significare attraversare la storia attraverso i contribuiti interdisciplinari di scienza, letteratura, teologia, arte, la sua amata musica (soprattutto Mozart) e tutto ciò che accompagna il cammino dell’uomo.
Si è spesso parlato di uomini, artisti, pensatori, scrittori, che sono stati protagonisti di un incontro fecondo con il loro tempo, divenendo parte integrante di quello spirito, laici, scettici o credenti che essi siano stati. Ratzinger è stato uno di questi, perché ha rappresentato la sintesi di una visione ontologica del mondo, fatta anche di concreto studio delle sue condizioni economiche e culturali, e di ipotesi di soluzione a favore soprattutto degli ultimi del pianeta.

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