Una gran voglia di vivere…

«Questa claudicante Chiesa italiana raccoglie cento mila ragazzi a Roma dopo la pandemia, senza un filo di pubblicità, nel giorno festivo di Pasquetta. E sono parte di una comunità molto ma molto più ampia e numerosa». Lo scrive sulla sua pagina Facebook il giornalista di Avvenire Marco Iasevoli, a commento dell’incontro dello scorso 18 aprile di papa Francesco con gli adolescenti italiani (tra questi anche circa duecento della diocesi di Vittorio Veneto). E in effetti – anche se forse erano 80 e non 100 mila – ha colto di sorpresa un po’ tutti la partecipazione in massa all’evento promosso dalla Conferenza episcopale italiana, che si è consumato nello spazio breve di una mezza giornata.

(Foto Vatican Media/SIR)

«Questa claudicante Chiesa italiana raccoglie cento mila ragazzi a Roma dopo la pandemia, senza un filo di pubblicità, nel giorno festivo di Pasquetta. E sono parte di una comunità molto ma molto più ampia e numerosa». Lo scrive sulla sua pagina Facebook il giornalista di Avvenire Marco Iasevoli, a commento dell’incontro dello scorso 18 aprile di papa Francesco con gli adolescenti italiani (tra questi anche circa duecento della diocesi di Vittorio Veneto). E in effetti – anche se forse erano 80 e non 100 mila – ha colto di sorpresa un po’ tutti la partecipazione in massa all’evento promosso dalla Conferenza episcopale italiana, che si è consumato nello spazio breve di una mezza giornata.
C’è da chiedersi perché così tanti adolescenti abbiano aderito a questa proposta, che a dire il vero è circolata nelle diocesi italiane senza troppo clamore, quasi in sordina. Non sembra plausibile che il motivo sia riconducibile agli ospiti invitati per il momento di intrattenimento prima della veglia di preghiera o all’annunciata performance del vincitore di Sanremo, il cantante Blanco (la cui presenza – ahimè! – ha scandalizzato qualcuno). Forse è stato motivo d’attrazione ancora una volta papa Francesco, che con le sue parole sa interpretare e sa anche dialogare con il mondo giovanile, come ha dimostrato splendidamente anche in questo frangente. Nel suo intervento, il Papa ha ricordato che, dopo due anni di piazza “vuota” (il riferimento andava alla celebrazione “in solitaria” del 27 marzo 2020), ora è finalmente “piena”: anche la piazza “ha sofferto il digiuno”, ha commentato sorridendo, quasi a ribadire la sua grande gioia per questa “pienezza”. Poi ha invitato i ragazzi a non avere timore di “dire le proprie paure” e, collegandosi al vangelo della pesca miracolosa dell’evangelista Giovanni, ha ricordato una virtù tipica dei giovani: “Voi avete il fiuto della verità: non vergognatevi dei vostri slanci di generosità”. E soprattutto ha raccomandato loro: “Non abbiate paura della vita. La vita è bella!”. Probabilmente proprio in queste parole sta la chiave del successo dell’iniziativa: la vita è bella, la vita va vissuta… Gli adolescenti di lunedì scorso – dopo due anni di pandemia e nel bel mezzo di una guerra di cui non si vede la fine – hanno dentro uno straordinario desiderio di vivere e con la partecipazione in massa all’evento promosso dalla Cei hanno voluto gridarlo al mondo (e alla Chiesa): lo hanno gridato forte ai quei “vecchi dentro”, che ripiegati su sé stessi “si portano già – come cantava De André – i fiori sulla tomba”.
I giovani hanno desiderio di vivere, di incontrarsi, di esprimersi, di viaggiare, di far festa, di dialogare, di sentire una parola che dia luce e speranza… “Sai che Feuerbach – mi scriveva qualche giorno fa una maturanda – ritiene che la conoscenza non avvenga soltanto attraverso la comunicazione verbale, ma anche attraverso quella non verbale. Si conosce abbracciando, toccando, facendo esperienza, attraverso la gestualità… E attraverso il coinvolgimento all’interno di una comunità”. Esattamente di questo hanno bisogno i giovani oggi. Ed esattamente questo è quello che la Chiesa può e deve dare, più e meglio di Feuerbach, se è fedele a sé stessa ed è fedele al suo Maestro.

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