Le commedie “Il sesso degli angeli” e “Finale a sorpresa. Official Competition”, l’epico dark “The Northman”

Il ritorno di Leonardo Pieraccioni con “Il sesso degli angeli”, un gioco degli equivoci che chiama in campo la tonaca del sacerdote; sempre nelle sale, da Venezia78, c’è “Finale a sorpresa. Official Competition” del duo Mariano Cohn e Gastón Duprat, omaggio e satira feroce sul divismo con una prova maiuscola di Penélope Cruz, Antonio Banderas e Oscar Martínez. Dalla mitologia nordica – e sulle orme di “Game of Thrones” – l’epico dark “The Northman” del regista Robert Eggers con Alexander Skarsgård e Nicole Kidman

(Foto Leonardo Baldini)

Non poca scelta al cinema questa settimana. Anzitutto nel segno della commedia: il ritorno di Leonardo Pieraccioni con “Il sesso degli angeli”, un gioco degli equivoci che chiama in campo la tonaca del sacerdote; sempre nelle sale, da Venezia78, c’è “Finale a sorpresa. Official Competition” del duo Mariano Cohn e Gastón Duprat, omaggio e satira feroce sul divismo con una prova maiuscola di Penélope Cruz, Antonio Banderas e Oscar Martínez. Dalla mitologia nordica – e sulle orme di “Game of Thrones” – l’epico dark “The Northman” del regista Robert Eggers con Alexander Skarsgård e Nicole Kidman.

“Il sesso degli angeli” (al cinema)

Prossimo al giro di boa dei 60 anni di età e dei 30 di carriera come regista, dal suo esordio nel 1995 con il fortunato “I laureati” e subito dopo con il campione d’incassi “Il ciclone” (1996), Leonardo Pieraccioni firma una nuova commedia, “Il sesso degli angeli”, il suo 14° titolo, dove veste per la prima volta l’abito talare. Una commedia degli equivoci che ha la vocazione di un racconto sociale nella direzione di “Io, loro e Lara” (2009) di Carlo Verdone.
La storia. Firenze oggi, don Simone (Pieraccioni) è parroco di una chiesa con molti problemi strutturali, scarsi fondi e pochi fedeli, soprattutto tra i giovani. Un giorno riceve la convocazione di un notaio per un’eredità in Svizzera da parte di uno zio di cui aveva perso le tracce, Waldemaro (Massimo Ceccherini). Felice per la notizia, in particolare per la possibilità di recuperare fondi per la sua parrocchia, don Simone si reca a Lugano insieme al sagrestano Giacinto (Marcello Fonte). Convinto di trovarsi di fronte a un albergo di lusso o a un locale alla moda, ben presto don Simone scopre che lo zio gli ha lasciato una nota casa per appuntamenti gestita dall’affascinante Lena (Sabrina Ferilli).
Il cinema italiano non è nuovo alla commedia degli equivoci, soprattutto all’accostamento dell’abito sacerdotale con situazioni pruriginose o grottesche. Al di là del sentiero comico, con “Il sesso degli angeli” Pieraccioni a ben vedere prova a “utilizzare” la talare per mettere in campo una riflessione sulla nostra società, sui vari deragliamenti e sulla possibilità di potersi comunque ritrovare, riscattare. Da un lato, c’è la vocazione di don Simone, la crisi che attraversa come parroco di una chiesa che fatica a coinvolgere la comunità, dall’altro troviamo le esistenze precarie delle prostitute, tutte apparentemente felici per il tenore benestante in Svizzera, ma in verità segnate da un passato che non ha offerto loro opportunità e scelte. Pieraccioni si serve della sua commedia – firma la sceneggiatura con Filippo Bologna – per raccontare dunque una storia che mette a tema il ritrovarsi, il ricentrarsi nella vita. Don Simone avverte la tentazione, ma il suo amore per il ministero è più forte; e proprio questo sarà la via che lo porterà ad aiutare se stesso e chi gli sta accanto.
Anche se tutto non fila sempre liscio nella narrazione e se le battute non risultano tutte scoppiettanti (qua e là anche un po’ scontate), nel complesso “Il sesso degli angeli” è una commedia che trova senso proprio nella parabola sociale, per quel racconto simpatico e un po’ scollacciato di un’umanità che vacilla, inciampa, ma sa rimettersi in cammino. Film consigliabile, brillante, segnato da superficialità.

“Finale a sorpresa. Official Competition” (al cinema)

Il film che probabilmente ha strappato più risate alla 78a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia è “Finale a sorpresa. Official Competition” (“Competencia Oficial”), commedia satirica sul mondo del cinema, del teatro e dei suoi interpreti, firmata da Gaston Duprat e Mariano Cohn, autori del riuscito “Il cittadino illustre” (“El ciudadano ilustre”, 2016). L’opera gira su un copione ben scritto ma soprattutto sull’interpretazione esilarante e divertita di tre attori di grande mestiere: Penélope Cruz, Antonio Banderas e Oscar Martinez.
La storia. Spagna oggi. Un milionario ottantenne, mosso dal desiderio di lasciare un segno concreto alle generazioni future, decide di finanziare un film ingaggiando una delle registe più acclamate del momento, Lola Cuevas (Cruz). L’autrice dà il via al processo creativo coinvolgendo come interpreti due star di primo piano, il pluripremiato Felix Rivero (Banderas), che strizza l’occhio a Hollywood, e il più tradizionale Ivan Torres (Martinez), che si divide tra palcoscenico e insegnamento. Iniziano così le letture del copione, la scelta dei costumi e le prove generali, contestualmente crescono le rivalità tra i due…
Non è semplicemente un racconto che gioca sul rapporto cinema nel cinema, ossia un film che ne esplora il dietro le quinte. “Finale a sorpresa. Official Competition” mette a fuoco l’incontro-scontro tra celebrità, il ritratto del divismo tra lampi di genialità e scintille di cinismo e vanità, rigurgiti di follie e gelosie. Duprat-Cohn firmano una storia acuta e brillante, dal ritmo coinvolgente, che risulta irresistibile per gran parte della narrazione. Forte di un fuoco d’artificio di dialoghi e battute indovinate, il film rischia però di spiaggiarsi in un finale un po’ tiepido, quasi accompagnato, che ne sgonfia un po’ la portata. Peccato. Racconto nell’insieme originale e di certo godibile, esaltato da attori in stato di grazia. Film consigliabile, problematico e per dibattiti.

“The Northman” (al cinema)

Tra Shakespeare e “Il Trono di Spade”. Su questo tracciato si muove “The Northman” di Robert Eggers, regista statunitense classe 1983 che è diventato in poco tempo un autore molto seguito e apprezzato dopo gli esordi festivalieri con “The Witch” (2015) e “The Lighthouse” (2019). Ora con “The Northman” l’autore si confronta con un film ad alto budget, dunque con la prova del grande pubblico, mettendo in scena un racconto epico, fosco e brutale, che richiama la mitologia vichinga, la letteratura del Nord Europa, e le dinamiche della tragedia shakespeariana per eccellenza: “Amleto”.
La storia. Islanda X secolo, il principe Amleth all’età della preadolescenza assiste alla brutale uccisione del padre re Aurvandil (Ethan Hawke) per mano dello zio Fjölnir (Claes Bang), che poi rapisce anche la madre, la regina Gudrún (Nicole Kidman). Disperato, il ragazzo fugge per mare meditando vendetta. Trascorso un decennio Amleth (Alexander Skarsgård), che fa parte ormai dei berserker vichinghi, ovvero feroci guerrieri del Nord, decide di tornare a casa e attuare finalmente la sua vendetta.
Violenza a profusione, come nel citato “Trono di Spade”, una violenza disturbante di cui il regista si serve per raccontare la vertigine di smarrimento dell’uomo, il suo avvitarsi nel male tra brama di potere e lotte fratricide. Nel racconto per capitoli, che Eggers firma insieme al poeta islandese Sjón, la sua regia risulta la vera protagonista insieme alla performance fisica-introspettiva (strepitosa!) di Alexander Skarsgård. Appesantito un po’ da un’eccessiva lunghezza, il film “The Northman” trova magnetismo proprio per lo stile visivo e narrativo che imprime Eggers. Il rischio, però, che il suo sguardo si chiuda in un lirismo bruciante e nell’esercizio di stile compiaciuto. A livello tematico cuore del racconto è il trauma del protagonista, il principe Amleth, che tramuta però l’ingiustizia subita in una ossessiva rincorsa alla vendetta; un’ossessione che neppure l’amore per la giovane schiava Olga (Anya Taylor-Joy) riesce a placare. L’orizzonte implode quindi in una violenza fine a se stessa, che mangia tutto, anche il futuro… “The Northman” è un racconto crudo e fosco, adatto per un pubblico adulto capace di gestire immagini e temi in campo. Film complesso e problematico.