L’ascolto vero sarà il primo compito sinodale

Il primo servizio che si deve agli altri consiste nel prestare loro ascolto. Lo scriveva a proposito della vita comunitaria il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, convinto che chi non sa ascoltare il fratello non saprà più nemmeno ascoltare Dio. Un’attenzione decisiva e preliminare, ben presente a chi programma il prossimo avvio dei gruppi sinodali in diocesi.

foto SIR/Marco Calvarese

Il primo servizio che si deve agli altri consiste nel prestare loro ascolto. Lo scriveva a proposito della vita comunitaria il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, convinto che chi non sa ascoltare il fratello non saprà più nemmeno ascoltare Dio. Un’attenzione decisiva e preliminare, ben presente a chi programma il prossimo avvio dei gruppi sinodali in diocesi.
Papa Francesco lo chiama da tanti anni così: “l’apostolato dell’orecchio”. E lo ha descritto anche lunedì 24 gennaio, nella ricorrenza di San Francesco di Sales, in un messaggio che potrebbe sembrare un manuale per aspiranti giornalisti: “Non fermarsi alla prima osteria”, ascoltare più voci, esercitare la virtù della pazienza, farsi sorprendere dalla verità, ascoltare soprattutto chi si trova nel disagio.
I consigli via via si allargano e si approfondiscono: “Non basta ascoltare, bisogna farlo bene”, precisa nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni, “l’ascolto non riguarda solo l’udito, ma tutta la persona”, perché, aggiunge, “la vera sede dell’ascolto è il cuore”. A proposito, Francesco ricorda che “il primo ascolto è cogliere le esigenze inscritte nel nostro cuore, come il desiderio di stare in relazione con gli altri e con l’Altro”.
Non sono indicazioni valide solo per chi opera nella comunicazione. L’“esame di coscienza” ci mette tutti di fronte l’esigenza di un’“apertura leale, fiduciosa e onesta” all’altro. Rifugge sia quell’origliare pettegolo e “spione” tipico di certe persone dipendenti dai social, sia quel parlarsi addosso che diventa prevaricazione sull’altro, ricerca del consenso ad una sola direzione. Osserva a proposito il Papa: “In realtà, in molti dialoghi noi non comunichiamo affatto. Stiamo semplicemente aspettando che l’altro finisca di parlare per imporre il nostro punto di vista. In queste situazioni, come nota il filosofo Abraham Kaplan, il dialogo è un duologo, un monologo a due voci. Nella vera comunicazione, invece, l’io e il tu sono entrambi “in uscita”, protesi l’uno verso l’altro”.
La teologa vicentina Assunta Steccanella, che ha dedicato all’”ascolto attivo” un prezioso volumetto (Edizioni Messaggero) invita a compiere un percorso anche personale per riscoprire profondamente la dimensione dell’ascolto come proposta anche nella Bibbia: dall’ascolto autentico di se stessi, di Dio (con lo Spirito Santo), dei fratelli e delle sorelle per arrivare ad uno sguardo realistico sulle proprie potenzialità e sui propri limiti, sui carismi propri e altrui. E ci mette in guardia da due atteggiamenti: “la sottolineatura (così difficile da superare) della passività del cristiano comune, chiamato semplicemente ad applicare le direttive dei pastori; dall’altro l’assolutizzazione del proprio carisma (sia laicale che presbiterale) che porta a sottovalutare i doni altrui”.
Sono due aspetti che spesso non riusciamo a riconoscere in noi stessi o nei nostri gruppi. E che ci portano a stare lontani da chi non appartiene al nostro cerchio magico o da chi ci costringe alla dolce fatica del dialogo ad oltranza.
Questa grande Operazione Ascolto che potrebbe essere il cammino sinodale ci allenerà a non inciampare in questi ostacoli verso una comunione che passa anche dalla sincerità, dentro e fuori la Chiesa.

(*) direttore “Vita Trentina”

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