Accordo Santa Sede-Cina

Papa Francesco: ai cattolici cinesi, essere “artefici di riconciliazione”

Al termine dell’udienza di oggi, il Papa ha annunciato un Messaggio indirizzato ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale, pubblicato quasi in contemporanea con le sue parole. L’obiettivo: fugare ogni dubbio dopo la pubblicazione dell’Accordo Provvisorio firmato a Pechino

foto SIR/Marco Calvarese

“Ho deciso di rivolgere ai cattolici cinesi e a tutta la Chiesa universale un Messaggio di fraterno incoraggiamento, che sarà pubblicato quest’oggi”. Ad annunciarlo direttamente ai 18mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro, prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana che come di consueto concludono l’udienza di mercoledì, è stato il Papa. E quasi in contemporanea con le sue parole è stato diffuso il Messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale. All’indomani dell’Accordo Provvisorio con Pechino sulla nomina dei vescovi e sulla riammissione alla comunione con il Successore di Pietro dei rimanenti sette vescovi “ufficiali” nominati senza mandato pontificio, Francesco fuga dunque ogni dubbio sul “turbinio” di voci scatenatesi dopo l’annuncio dell’Accordo e chiede ai cattolici cinesi di essere “artefici di riconciliazione” .

L’auspicio del Papa, fin dalle parole pronunciate durante l’udienza, è che in Cina “si possa aprire una nuova fase, che aiuti a sanare le ferite del passato, a ristabilire e a mantenere la piena comunione di tutti i cattolici cinesi e ad assumere con rinnovato impegno l’annuncio del Vangelo”.

Il futuro della Cina passa dal dialogo, rimarca Francesco precisando che l’Accordo Provvisorio “non aveva – e non ha – in animo se non di realizzare le finalità spirituali e pastorali proprie della Chiesa”. Per “sostenere e promuovere l’annuncio del Vangelo in Cina” e “ricostituire la piena e visibile unità nella Chiesa, era fondamentale affrontare, in primo luogo, la questione delle nomine episcopali”, spiega il Papa senza nascondere le “profonde tensioni, ferite e divisioni” che nel Continente “si sono polarizzate soprattutto intorno alla figura del vescovo”.

Il fenomeno della clandestinità “non rientra nella normalità della vita della Chiesa”,

puntualizza a proposito del “controllo diretto al di là delle legittime competenze dello Stato” imposto in Cina. Poi una rivelazione che risale all’inizio del pontificato: “Ho provato grande consolazione nel constatare il sincero desiderio dei cattolici cinesi di vivere la propria fede in piena comunione con la Chiesa universale e con il Successore di Pietro, il quale è ‘il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi che della moltitudine dei fedeli’ (Lumen gentium, 23). Di tale desiderio mi sono giunti nel corso di questi anni numerosi segni e testimonianze concreti, anche da parte di coloro, compresi vescovi, che hanno ferito la comunione nella Chiesa, a causa di debolezza e di errori, ma anche, non poche volte, per forte e indebita pressione esterna”. La decisione di riammettere i sette vescovi “ufficiali”, rende noto il Papa, è stata presa dopo aver “attentamente esaminato ogni singola situazione personale e ascoltato diversi pareri, cercando il vero bene della Chiesa in Cina”. A questi ultimi, Francesco chiede di “esprimere, mediante gesti concreti e visibili, la ritrovata unità con la Sede Apostolica e con le Chiese sparse nel mondo, e di mantenervisi fedeli nonostante le difficoltà”.

Essere “artefici di riconciliazione” – l’invito a tutti i cattolici cinesi – per “dare inizio a un percorso inedito, che speriamo aiuterà a sanare le ferite del passato, a ristabilire la piena comunione di tutti i cattolici cinesi e ad aprire una frase di più fraterna collaborazione, per assumere con rinnovato impegno la missione dell’annuncio del Vangelo”.

L’Accordo Provvisorio siglato con le autorità cinesi, anche se “perfettibile”, può contribuire a “scrivere questa pagina nuova della Chiesa in Cina”. “Per la prima volta”, spiega infatti il Papa, “introduce elementi stabili di collaborazione tra le Autorità dello Stato e la Sede Apostolica, con la speranza di assicurare alla comunità cattolica buoni Pastori”. Un compito, questo, in cui la Chiesa locale, insieme alla Santa Sede, ha “un ruolo importante: cercare insieme buoni candidati che siano in grado di assumere nella Chiesa il delicato e importante servizio episcopale”.

La seconda parte del messaggio è indirizzata ad ogni componente della società, ecclesiale e civile. A tutta la comunità cattolica, il Papa chiede di “essere unita per superare le divisioni del passato che tante sofferenze hanno causato e causano al cuore di molti Pastori e fedeli”, attraverso

“gesti di riconciliazione e di comunione”.

Sul piano sociale e politico, i cattolici cinesi vengono esortati ad essere “buoni cittadini”, mentre sul piano etico a offrire “un contributo profetico e costruttivo”, sapendo dire anche “una parola critica, non per sterile contrapposizione ma allo scopo di edificare una società più giusta, più umana e più rispettosa della dignità di ogni persona”.

Ai vescovi, per Francesco, spetta il compito di superare “le contrapposizioni del passato”, partendo dalla consapevolezza che la Chiesa “non ha bisogno di tanti burocrati e funzionari, ma di missionari appassionati”, che rinuncino a fare della loro vita “un museo di ricordi”.

Alla vigilia del Sinodo, Francesco si rivolge anche ai giovani, chiamati a “collaborare alla costruzione del futuro” tramite la capacità di “andare controcorrente”. L’appello del Papa si rivolge, infine, alla Chiesa universale, spronata ad “accompagnare con una fervente preghiera e con fraterna amicizia i nostri fratelli e sorelle in Cina”.

“Ogni comunità cattolica locale, in tutto il mondo, si impegni a valorizzare e ad accogliere il tesoro spirituale e culturale proprio dei cattolici cinesi”.

Il messaggio si conclude con un esigente appello “a coloro che guidano la Repubblica Popolare Cinese”, invitati a “proseguire, con fiducia, coraggio e lungimiranza, il dialogo da tempo intrapreso”. Anche a livello locale, il Papa raccomanda “un dialogo franco e un ascolto senza pregiudizi che permetta di superare reciproci atteggiamenti di ostilità”.