
L’Islanda oscilla tra timore e desiderio di Ue. L’isola del nord Europa aveva avviato nel giugno 2010 i negoziati di adesione: 27 capitoli erano stati aperti, 11 chiusi in via provvisoria, perché già conformi alle direttive comunitarie. Il capitolo più spinoso è quello della pesca, attorno a cui ruota il 50% dell’economia islandese. Ma il nuovo governo di destra, eletto nel maggio 2013, espressamente contrario all’adesione, ma che in campagna elettorale aveva promesso di sottoporre la questione a referendum popolare, ha deciso di mettere in stand-by i negoziati senza consultare i cittadini. Il 20 febbraio, il primo ministro e leader del Partito progressista (euroscettico), Sigmundur David Gunnlaugsson, ha dichiarato che avrebbe rimesso la questione al voto del parlamento, contraddicendo la promessa pre-elettorale e sollevando perciò una serie di proteste di piazza che hanno attratto migliaia di cittadini e una petizione di 55mila firme per chiedere al governo di indire il referendum sulla continuazione dei colloqui prima di prendere una decisione. Intanto l’Islanda è già membro dello Spazio economico europeo, dell’area Schengen, dell’Associazione europea di libero scambio, della Nato e, da maggio insieme alla Norvegia, primo Paese non Ue ad associarsi a Horizon2020, il programma di ricerca e innovazione dell’Unione. Secondo un sondaggio condotto a maggio, il 37,3% degli aventi diritto al voto vorrebbe l’Islanda nell’Ue (ad aprile la percentuale era del 33,5%), contrari il 49,5%. Sarah Numico, per Sir Europa, ha intervistato Birgir Guðmundsson, docente presso la facoltà di Scienze sociali dell’Università di Akureyri.
Professore, l’Islanda ha interesse a entrare nell’Ue?
“La vicenda tra Unione europea e Islanda può essere divisa in due parti. Anzitutto si vorrebbe portare a termine il processo di adesione a suo tempo avviato avviato per verificare che tipo di ‘contratto d’ingresso’ verrebbe offerto all’Islanda. Su questo l’opinione pubblica è favorevole e propensa a capire soprattutto le ripercussioni per la pesca e le sue politiche. Per altro verso, però, l’atteggiamento generale e l’orientamento dell’opinione pubblica verso l’idea dell’Islanda membro dell’Ue sembra essere abbastanza critico. Sotto certi aspetti è una contraddizione, poiché la maggioranza dei cittadini vuole vedere che cosa l’Ue ha da offrire, senza però essere disponibile a entrare nell’Unione. Non penso che sia il segno di un crescente pro-europeismo, ma forse c’è alla base una critica verso il governo attuale e la sua politica europea”.
Allora perché le manifestazioni di piazza pro-Ue a febbraio e marzo? O l’annunciata nascita di un nuovo partito europeista, Viðreisn (“ricostruzione”)?
“I partiti al governo, soprattutto il Partito indipendentista (alleato del Partito progressista – ndr), avevano promesso in campagna elettorale che avrebbero dato la possibilità ai cittadini di andare alle urne per un referendum che stabilisse se continuare o meno il processo di adesione, sebbene il partito stesso avesse dichiarato di essere fortemente anti-Ue. L’intenzione dei partiti di maggioranza di presentare una mozione in parlamento per concludere il processo con l’Unione senza referendum è stata accolta male, come un atto di arroganza, un tradimento delle promesse. Le manifestazioni hanno riguardato più il modo in cui la vicenda è stata condotta politicamente e la conclusione dei negoziati con l’Ue, che la questione dell’ingresso o meno nella ‘casa comune’. Questo nuovo partito, che non si è ancora costituito, sembra essere una forza di centro-destra europeista. I sondaggi mostrano che prenderebbe voti sia dal Partito indipendentista, ma anche dai socialdemocratici e dai liberali del Partito Bright future, i più ardenti pro-Ue”.
Una paura dell’Islanda verso l’integrazione europea era legata alle eventuali conseguenze negative per il settore ittico; sembrava per altro che l’Ue non fosse disposta a mettere in questione la propria politica comune della pesca. Si è mosso qualcosa?
“Nelle trattative tra Islanda e Ue i capitoli su pesca e agricoltura non sono mai stati aperti e resta completamente oscuro che cosa l’Unione sarebbe stata pronta ad accordare e quali sarebbero state le politiche in questo settore. Ciò ha contribuito a generare irritazione nell’opinione pubblica verso la decisione del governo di concludere le trattative, prima di sapere qualcosa su questo punto. Ora però è stato deciso che la mozione in parlamento sarà affrontata dopo l’estate. La discussione è stata quindi congelata”.
Che cosa si attendono dall’Europa i pro-Ue?
“Gli europeisti vedono l’Unione come uno strumento per dare stabilità monetaria all’Islanda. Se entrasse nell’Ue, l’Islanda diventerebbe membro dell’unione monetaria il più in fretta possibile”.