Televisione: dal 13 gennaio su Rai Uno “La guerra è finita”. Petraglia, “abbiamo raccontato il ‘dopo’ i lager. Il dolore sì ma anche speranza”

Foto: Angelo Turetta

“È difficile raccontare l’esperienza dei campi di concentramento. Pensando a Primo Levi, a ‘La tregua’, abbiamo deciso allora di lavorare sul ‘dopo’, di mostrare la vita di bambini sopravvissuti. Parlare del ‘dopo’ ci ha permesso di fare sempre memoria del passato, del dolore, ma anche di parlare di speranza”. È quanto ha dichiarato in conferenza stampa alla Casa del Cinema di Roma lo sceneggiatore Sandro Petraglia, che ha firmato la sceneggiatura della miniserie in quattro puntate “La guerra è finita” prodotta da Rai Fiction e Palomar, dal 13 gennaio su Rai Uno. “Con un lungo lavoro di documentazione – ha sottolineato Petraglia – nella serie raccontiamo anche lo stupore di molti italiani che nel 1945 vennero a sapere ciò che era accaduto nei campi di concentramento”.
Il regista Michele Soavi, nome di riferimento per il cinema di genere e per racconti di intrattenimento, ha rimarcato il suo trasporto per il progetto: “Sono onorato di aver lavorato a una storia simile. Mi sono aggrappato a due cose: la prima, al ricordo di mia nonna, il cui cognome era Levi; la seconda, alla filastrocca ‘Il re degli elfi’ di Goethe, al coraggio di un padre che si batte per salvare il proprio figlio. Ed è quello che nella serie avviene nel personaggio interpretato da Michele Riondino, sopravvissuto ai rastrellamenti e alla disperata ricerca del proprio figlio deportato”.
Accanto a un cast giovanissimi attori, protagonisti della serie “La guerra è finita” sono Michele Riondino, Isabella Ragonese e Valerio Binasco. La Ragonese, in particolare, ha sottolineato come “nella miniserie raccontiamo la bella Italia dei nostri nonni e bisnonni, quella della ricostruzione, della ripresa. Il mio personaggio, Giulia, è una giovane psicologa che crede fortemente nel valore della testimonianza. Oggi viviamo il pericolo dell’assuefazione nei confronti di tali temi; è dunque nostro dovere, come adulti, trovare delle formule sempre nuove per fare memoria, riuscire a parlare con le nuove generazioni”.

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