Elezioni alle porte in Giappone, tra disaffezione alla politica, sfiducia nelle istituzioni e un crescente divario tra poveri e ricchi

In un contesto di grande sfiducia e basso gradimento dell'operato del governo, si svolgeranno il 24 e il 31 ottobre due ravvicinate tornate elettorali. La prima, considerata una cartina di tornasole della successiva, coinvolgerà due prefetture per coprire i seggi rimasti vacanti a seguito delle dimissioni di due membri Ldp della Camera Alta mentre la seconda, ben più importante, riguarderà le elezioni generali della Camera Bassa, dal cui esito dipenderà la tenuta del partito Liberal Democratico come partito di maggioranza di tale ramo del Parlamento, con conseguenti effetti sulla stabilità della nuova compagine governativa.

(Foto ANSA/SIR)

(Tokyo) – “La democrazia della Nazione è in crisi poiché la fiducia dei cittadini nella politica che ne costituisce il pilastro, è gravemente erosa”. Questa affermazione non è di un leader politico italiano ma di Fumio Kishida neo premier giapponese, in carica dal 4 ottobre, a conferma che la disaffezione alla politica e la sfiducia nelle istituzioni sono virus che hanno contaminato anche la società del Sol Levante. Quella dichiarazione rilasciata ai giornalisti prima della sua elezione a presidente del partito Liberal Democratico (Ldp) avvenuta a fine settembre che gli ha aperto la strada all’assunzione dell’incarico di primo ministro, è avvalorata dai primi sondaggi tenuti dagli istituti di ricerca dei media sul gradimento della popolazione per il suo nuovo governo, che hanno registrato livelli tra il 45% ed il 55% di approvazione. Percentuali insolitamente basse per un Esecutivo appena insediato e se confrontate ad esempio con quelle dei due precedenti governi dei primi ministri Abe e Suga, anche loro sostenuti dalla maggioranza liberal-democratica, ma entrambe con indici di gradimento superiori al 60% al momento del loro insediamento.
In questo contesto si svolgeranno le ravvicinatissime due tornate elettorali del 24 e del 31 ottobre. La prima, considerata una cartina di tornasole della successiva, coinvolgerà due prefetture per coprire i seggi rimasti vacanti a seguito delle dimissioni di due membri Ldp della Camera Alta mentre la seconda, ben più importante, riguarderà le elezioni generali della Camera Bassa, dal cui esito dipenderà la tenuta del partito Liberal Democratico come partito di maggioranza di tale ramo del Parlamento, con conseguenti effetti sulla stabilità della nuova compagine governativa.
La road map elettorale, anticipata nei giorni scorsi dal nuovo primo ministro Kishida, ha preso ufficialmente il via il 14 ottobre alle ore 13:00 del Giappone (le sei di mattina in Italia) con lo scioglimento della Camera dei rappresentanti (la Camera Bassa) formalizzato davanti alla sessione plenaria e proseguirà il 19 con l’apertura della campagna elettorale per concludersi il 31 con lo svolgimento delle elezioni.

“Spero che comprendiate il peso di queste elezione e faccio appello al vostro spirito unitario di collaborazione” aveva detto nei giorni scorsi il premier Kishida, in qualità di presidente Ldp, ai componenti della Task Force elettorale del partito, motivando l’anticipazione dello scioglimento con la speranza che il partito ottenga più voti sull’onda del recente insediamento dell’esecutivo e delle aspettative in esso appena riposte dai cittadini.

Molti osservatori ritengono, tuttavia, che la logora credibilità della politica sia in buona parte una conseguenza dei sette anni e otto mesi di governo dell’ex primo ministro Shinzo Abe, durante i quali non sono mancati scandali ancora da chiarire, e del breve mandato del suo successore Yoshida Suga, durato in carica solo un anno.

Il partito Liberal Democratico teme che tale lascito negativo possa incidere sulla scelta dei votanti. “Mostreremo agli elettori cosa intendiamo fare e quali sono gli obiettivi del governo” ha detto Fumio Kishida ai giornalisti subito dopo lo scioglimento della Camera Bassa, mentre i partiti di opposizione puntano il dito contro la mancanza di discontinuità dell’attuale governo rispetto ai precedenti e accusano l’Ldp ed il nuovo premier di non essere in grado di emanciparsi da Abe, considerato ancora capace di influenzare e condizionare le scelte e la linea politica del partito di maggioranza.

Gli addetti ai lavori rilevano come a quasi un decennio dalla promessa di Shinzo Abe di “rendere di nuovo grande il Giappone” il Paese si trovi in una situazione di stallo, aggravata sì dalla pandemia, ma determinata da problemi cronici e irrisolti come l’invecchiamento della popolazione, il calo delle nascite, il crescente divario tra ricchi e poveri, e i redditi stagnanti.

La stabilità dei posto di lavoro è messa in discussione dal diffuso ricorso da parte delle aziende al part time ed a rapporti di lavoro a contratto per mantenere bassi i costi. Sempre più famiglie, specialmente quelle composte da madri single, hanno dovuto ricorrere durante la pandemia ai sussidi sociali erogati dal governo centrale e dagli Enti locali ed il professor Kenji Hashimoto della Waseda University di Tokyo ha segnalato come la cosiddetta “generazione perduta” formatasi durante i lunghi anni di stagnazione del Giappone è divenuta una “sottoclasse” che conta quattro giapponesi su dieci. La povertà nel benestante ed ordinato Giappone è ben nascosta e i poveri non si vedono nelle strade come in altri Paesi sviluppati ma c’è, eccome.

Lo conferma anche il tasso di povertà del Giappone che risulta essere il secondo più alto tra i Paesi del G7 ed il nono tra quelli Ocse, secondo lo studio elaborato da questo Ente in base ai dati disponibili fino al 2020.

Le disuguaglianze e l’allargamento della forbice tra ricchi e poveri è l’altro tema che tocca la vita reale delle persone su cui i partiti dovranno chiarire le proprie posizioni in campagna elettorale.L’edizione digitale dell’Asahi Shimbun, in un recente articolo ha ben descritto questo aspetto rilevando come “i salari nominali siano aumentati solo dell’1,2% dal 2012 al 2020 e la ricchezza media delle famiglie giapponesi sia scesa del 3,5% dal 2014 al 2019 mentre il 10% dei più ricchi ne ha visto invece l’aumento”.
Un giovane investitore trentaquattrenne ha spiegato al giornale che: “L‘Abenomics ha portato a noi investitori enormi profitti perché il pompaggio di denaro dalla Banca Centrale ha fatto salire i prezzi dei titoli azionari”. Mentre un manager dell’importante catena di grandi magazzini Isetan ha dichiarato: “Stiamo assistendo ad un chiaro aumento della domanda di beni di lusso tra i nuovi ricchi”. Una tendenza confermata dai dati sulle vendite di un altra importante catena commerciale, la Takashimaya, che registra la crescita della richiesta di orologi di lusso Patek Philippe, il cui prezzo supera i 100.000 yen (75.000 euro circa) e di lampade Baccarat dal valore di qualche milione di yen (un milione di yen equivale a circa 7.500 euro) ed anche dall’andamento del settore automobilistico. L’Alfa Romeo, riporta ancora l’Asahi Shimbun, solo tra fine aprile e inizio maggio ha venduto 84 dei suoi modelli speciali e ha raddoppiato le vendite tra maggio e settembre rispetto allo scorso anno mentre aumentano anche le vendite di di Maserati, Ferrari e Jaguar.
Risulterà credibile agli elettori la proposta economica del primo ministro Kishida e del partito liberal-democratico che promette “una nuova società del post-Covid19” da realizzarsi con un “nuovo capitalismo” che, attraverso un “circolo virtuoso basato su crescita e redistribuzione”, proteggerà la classe media e ridurrà le disparità tra ricchi e poveri? Oppure prevarrà quella del partito Democratico Costituzionale del Giappone (Cdpj) di Yukio Edano, il maggior partito di opposizione, che invertendo la formula Ldp “Aumenti salariali e redistribuzione una volta raggiunta la crescita”, antepone invece, considerandola prioritaria, la redistribuzione della ricchezza per poi ridare slancio alla crescita economica del Paese?

Altri articoli in Mondo

Mondo