Coronavirus. Luca Fiorani (fisico): “Di fronte alla natura bisogna rimare umili e semplici”

Riduzione dei livelli di biossido di azoto nell’atmosfera, acque dei mari più puliti, delfini nelle baie dei porti svuotati di Cagliari e Trieste. Sono gli “effetti” della lotta contro il Coronavirus sul pianeta terra. Luca Fiorani, fisico del clima: “stiamo consumando più risorse naturali di quanto non ne produca il pianeta, e stiamo producendo inquinamento più di quanto il pianeta ne possa assorbire. È un circuito vizioso che dobbiamo arrestare, coronavirus o non coronavirus. Dobbiamo cambiare modello di sviluppo. Ci vuole un nuovo paradigma di società”

Sono gli effetti “collaterali” dell’epidemia di Covid-19. La Nasa ha misurato un calo “significativo” dei livelli di inquinamento sui cieli cinesi. Qualcosa di molto simile sta avvenendo anche nel nostro Paese, in particolare nella Pianura Padana: grazie alle restrizioni imposte dal Governo per contrastare l’epidemia, sono calati notevolmente i livelli di biossido di azoto. Le produzioni si fermano, le fabbriche rallentano, la mobilità umana si è ridotta e il pianeta sembra tornare a respirare e a riprendersi il suo spazio. I delfini hanno ricominciato a popolare i porti “svuotati” di Cagliari e Trieste e l’acqua nella laguna di Venezia è talmente limpida e trasparente che si vede chiaramente il fondale. Ma sono dati scientificamente provati? “Sono misurazioni incontrovertibili”, ci assicura Luca Fiorani, fisico e ricercatore Enea a Frascati (Roma), dove si dedica a misure laser di parametri ambientali e fenomeni naturali. “I satelliti che volano sopra la nostra testa hanno misurato una riduzione dell’inquinamento sia in Cina sia nella pianura Padana. Ma vorrei anche aggiungere un’altra cosa”.

Quale?

Secondo alcuni scienziati non è un caso che questo Coronavirus sia esploso in zone in cui l’inquinamento è forte e i polmoni delle persone sono già sottoposti ad uno stress dovuto ad un inquinamento ambientale e atmosferico. È una correlazione ancora tutta da approfondire ma sicuramente Wuhan si trova in una delle regioni più inquinate della Cina così come la pianura Padana è una delle regioni più inquinate d’Italia. Non solo, secondo questi scienziati, c’è anche una correlazione tra temperature e umidità che si registrano adesso a Wuhan e nelle regioni europee più colpite. Luoghi cioè dove c’è una temperatura media compresa tra i 5 e gli 11 gradi e un’umidità del 40%. La speranza è (sono ancora i primi studi embrionali) che effettivamente come l’influenza, la malattia Covid-19 regredisca quando la temperatura si alza con l’arrivo della primavera inoltrata e dell’estate.

Cosa ci sta dicendo questa correlazione tra inquinamento e diffusione del virus?

L’umanità ha sempre dovuto fronteggiare dei grandi rischi. Non è la prima epidemia. Si calcola che la peste del 1348 abbia ucciso 20milioni di persone pari ad un terzo dell’umanità di quell’epoca. Mentre però prima le minacce all’umanità venivano dalla natura (come i terremoti, le alluvioni, i virus, ecc), oggi c’è un nuovo pericolo che è dovuto al fatto che l’umanità sta modificando la composizione dell’atmosfera terrestre e quindi è capace di modificare il clima. Questo rappresenta un grande rischio per l’umanità.

Con il rallentamento delle attività umane, il mondo sembra di nuovo “respirare”. Ma una volta finita l’emergenza, tutto tornerà come prima?

Sì, l’effetto sarà transitorio. Nel momento in cui noi ricominciamo a bruciare i combustibili fossili, cioè petrolio, carbone e gas naturale, torneremo ad immettere nell’atmosfera CO2 e altri inquinanti e l’inquinamento tornerà ad aumentare. È come un rubinetto che si apre e si chiude.

Quale lezione lascerà allora questa crisi?

Ci stiamo rendendo conto che se l’attività economica rallenta, diminuisce l’inquinamento. Con questo non voglio assolutamente dire che il virus sia un bene. È un male che minaccia l’umanità, va combattuto con tutti mezzi e superato il prima possibile. Mai però come in questi giorni abbiamo preso atto di quanto il nostro sistema economico sia fragile e malato. Nel secolo scorso, abbiamo scritto le regole dell’economia attribuendo all’indicatore del prodotto interno lordo un enorme valore. Ma questo sistema oggi è al collasso: stiamo consumando più risorse naturali di quanto non ne produca il pianeta, e stiamo producendo inquinamento più di quanto il pianeta ne possa assorbire. E’ un circuito vizioso che dobbiamo arrestare, coronavirus o non coronavirus. Lo dicono gli scienziati; ne sono convinti gli economisti (non tutti); lo afferma la stragrande parte dei climatologi; lo ha fortemente chiesto Papa Francesco nella Lettera Enciclica Laudato Si’. Dobbiamo cambiare modello di sviluppo. Ci vuole un nuovo paradigma di società.

Sarà anche in questo caso una lezione “transitoria”?

Oggi noi siamo giustamente tutti molto preoccupati per il Coronavirus, ma ricordiamoci che oltre 400mila persone muoiono ogni anno di malaria, che quasi un miliardo di persone nel mondo sono denutrite e molte di queste muoiono di fame. Se questa grande prova del Coronavirus ci fa ricordare che altre persone nel mondo soffrono crisi del genere, forse questa emergenza ci aiuterà ad essere più solidali verso l’umanità più vulnerabile e povera e a renderci più attenti al grido della terra. Ci ricorda soprattutto che l’umanità è fragile. La natura è una fitta rete di relazioni di cui siamo parte. A volte ci sono fenomeni sconvolgenti che si abbattono sulle specie viventi. È sempre accaduto, accade e accadrà sempre. Per questo, di fronte alla natura, bisogna rimare umili e semplici.

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