Coronavirus: 750 miliardi per salvare il sistema produttivo Italiano. Conte: “Lo Stato c’è”

Il nuovo decreto-legge inietta nel sistema economico, sotto forma di prestiti garantiti a interesse prossimo allo zero, 400 miliardi di liquidità per le imprese, di cui 200 a sostegno dell'export, che si aggiungono ai 350 attivati già con il Cura Italia. Per la ricostruzione occorreranno ulteriori interventi, a cominciare da un nuovo decreto atteso per Pasqua, e occorrerà un impegno adeguato alla sfida epocale anche a livello europeo

(Foto ANSA/SIR)

Che l’operazione sia di portata straordinaria è innegabile. Il nuovo decreto-legge inietta nel sistema economico, sotto forma di prestiti garantiti a interesse prossimo allo zero, 400 miliardi di liquidità per le imprese, di cui 200 a sostegno dell’export, che si aggiungono ai 350 attivati già con il Cura Italia. Numeri per i quali è difficile trovare confronti storici. “Parliamo di 750 miliardi, quasi la metà del nostro Pil, lo Stato c’è e mette subito la sua potenza di fuoco nel motore dell’economia”, afferma il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Perché di questo si tratta: evitare che la sosta imposta dal coronavirus paralizzi in modo irreversibile il sistema produttivo. Per la ricostruzione occorreranno ulteriori interventi, a cominciare da un nuovo decreto atteso per Pasqua, che dovrebbe contenere anche altre misure di protezione sociale, dopo quelle varate con il Cura Italia. E occorrerà un impegno adeguato alla sfida epocale anche a livello europeo. In attesa di conoscere l’esito della trattativa in corso in questi giorni e in queste ore, forse è bene ricordare che se il nostro Paese ha potuto mettere in campo una manovra economico-finanziaria senza precedenti è anche perché la Banca centrale europea sta comprando massicciamente i nostri titoli di Stato, proteggendo così i nostri conti pubblici dall’assalto della speculazione internazionale, garantendo il finanziamento del nostro imponente debito pubblico e tenendo sotto controllo lo spread e quindi la spesa per interessi. Fanno bene l’Italia ed altri Paesi europei a chiedere alla Ue un salto di qualità sostanziale, perché con i vecchi schemi la partita che si sta giocando è persa in partenza.

Ma si tratta di una battaglia per l’Europa, non contro l’Europa,

mentre nel dibattito interno riaffiorano toni da propaganda sovranista che negano un’evidenza: la ricostruzione mondiale sarà uno scontro tra giganti e al di fuori dell’Europa nessuno Stato da solo, neanche la Germania, sarà in grado di far pesare la propria voce. Se Angela Merkel dichiara che “la Germania andrà bene nel lungo termine se andrà bene tutta l’Europa”, ci sarà pure un motivo. Bisognerà vedere se da queste enunciazioni politiche deriveranno comportamenti coerenti al tavolo delle trattative, dove entrano in campo fattori e soggetti diversi. E lo vedremo presto.

Il decreto-legge non è ancora stato pubblicato in Gazzetta (ci vorranno un paio di giorni per la messa a punto finale e i passaggi istituzionali) e quindi non esiste ancora un testo ufficiale. In buona sostanza il meccanismo previsto è quello di finanziamenti superagevolati che saranno “coperti” presso le banche dalla Sace, società che fa capo alla Cassa depositi e prestiti, per le imprese dai 500 dipendenti in su, e per le altre dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Fino a 25 mila euro i prestiti sono garantiti dallo Stato al 100% e senza istruttoria. Fino a 800 mila e per chi fattura meno di 3,2 milioni di euro, la copertura è totale ma occorre un’istruttoria da parte del Fondo, con procedura semplificata riguardante ovviamente bilanci e dichiarazioni fiscali non attuali (altrimenti nessuno avrebbe titolo, data la situazione) ma degli ultimi due anni. Anche per le grandi imprese la garanzia è articolata per fasce e va dal 90% fino al 70% per quelle con un fatturato superiore ai 5 miliardi di euro.

A questa liberazione di liquidità va aggiunta la sospensione dei versamenti Iva e delle ritenute fiscali e contributive per i dipendenti relativi ai mesi di aprile e maggio: andranno effettuati entro il 30 giugno con possibilità di rateizzare in cinque mesi. Altra misura contenuta del decreto è l’estensione per un anno del cosiddetto golden power, il potere speciale del governo di bloccare operazioni che trasferiscano all’estero il controllo di attività strategiche. Finora riguardava difesa, energia e telecomunicazioni, ora si potranno proteggere da “scalate” esterne anche il settore alimentare, la sanità, le banche, le assicurazioni e l’acqua. Questo per evitare che soggetti stranieri approfittino delle turbolenze sui mercati e dei ribassi azionari per fare acquisizioni a prezzo di saldo in Italia.
L’approvazione del decreto è slittata più volte – e anche nel Consiglio dei ministri decisivo ha dovuto fare i conti con una sospensione della riunione – a causa di un braccio di ferro all’interno della maggioranza, in particolare sull’ente che avrebbe dovuto operativamente attuare le nuove misure. Un segnale preoccupante non solo per una questione di tempi: tutta la manovra ha bisogno di essere resa effettiva quanto prima altrimenti si rischia di vanificare l’enorme sforzo compiuto, ma anche perché riporta alla luce tensioni interne che la fase più acuta dell’emergenza aveva temporaneamente sopito. Il tutto in un momento in cui i rapporti con l’opposizione (che non ha mai sotterrato l’ascia di guerra) si rivelano ancora estremamente problematici nonostante i tanti “tavoli” di confronto aperti e si ripercuotono anche sui rapporti con le Regioni. Ma se ai cittadini si chiede, giustamente, di non abbassare la guardia e di prepararsi a una ripresa che sarà lunga e non esente da ulteriori sacrifici, sarebbe il caso che anche le forze politiche di maggioranza e di opposizione si comportassero di conseguenza.

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