Parità scolastica. Mons. Crociata: “Libertà di scelta educativa monca finché permane disparità di trattamento tra scuole statali e paritarie”

Con il vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università della Cei, nonché presidente del Consiglio nazionale della scuola cattolica, facciamo un bilancio a vent'anni dall'approvazione della legge 62 del 2000

Oggi, 10 marzo, cade il 20° anniversario della legge 62 sulla parità scolastica, che “ha consentito alla scuola italiana di compiere un importante passo avanti nel solco tracciato dalla Costituzione”, ma “il mancato completamento delle norme sul finanziamento certo” rende “sempre più difficile il mantenimento del Sistema nazionale di istruzione dove, a fianco delle scuole statali, le scuole paritarie – fra cui quelle cattoliche e di ispirazione cristiana – rappresentano l’espressione della concreta applicazione di un diritto fondamentale della persona e della famiglia e offrono un contributo prezioso alla realizzazione di un vero pluralismo”. Lo sottolinea una nota del Consiglio nazionale della scuola cattolica (Cnsc), organismo della Cei, presieduto da mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università della Cei, diffusa in occasione di questo anniversario. Secondo il XXI Rapporto del Centro studi per la scuola cattolica (Cei), dal 2010-11 al 2018-19, le scuole cattoliche sono scese da 9.371 a 7.955 (-1.416, cioè -15,1%). Nello stesso arco di tempo gli alunni sono scesi da 740.636 a 570.000 (-170.636, cioè -23,0%). Anche gli insegnanti di scuola cattolica sono scesi da 63.283 a 52.629 (-10.645, cioè -16,8%). Con mons. Crociata facciamo un bilancio della legge a vent’anni dalla sua approvazione.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Eccellenza, a vent’anni dall’approvazione della legge 62 sulla parità scolastica che bilancio possiamo fare?

Un bilancio relativamente magro.

È stato enunciato e adottato il principio della parità scolastica, ma si attendono ancora i necessari completamenti perché la scuola italiana pensi e agisca realmente come un unico sistema articolato al suo interno in una pluralità di scuole statali e non statali. Anche sul versante dell’autonomia, infatti, vi sono ancora passi da compiere.

Quanto è stata importante questa legge a livello culturale?

Lo è stata certamente, per il fatto che il principio è stato introdotto nell’ordinamento. L’importanza della legge non può essere sottovalutata, perché ha dato finalmente attuazione a un principio costituzionale, quello della libertà educativa e del diritto all’istruzione. Il linguaggio della scuola vi si è in qualche modo adeguato, formalmente si riconosce che la scuola paritaria è a pieno titolo scuola pubblica, parte integrante del sistema scolastico nazionale della Repubblica italiana. Tutto ciò, nondimeno, stenta ancora a diventare sentire diffuso, cognizione condivisa e apprezzata sulla identità complessiva della scuola e del sistema scolastico nella sua integrità.

Quanto pesa, invece, il mancato completamento delle norme sul finanziamento certo? E quanto pesa questo su una reale libertà di scelta educativa da parte delle famiglie?

L’aspetto economico è rivelatore dell’effettiva recezione e attuazione della legge. Di fatto,

la libertà di scelta educativa è monca finché permane la disparità obiettiva di trattamento tra scuole statali e scuole paritarie.

Queste vengono dichiarate pubbliche al pari delle statali, ma di esse il pubblico non si fa carico se non in minima parte, del tutto insufficiente. La libertà di scelta delle famiglie non può venire esercitata se il costo della scuola paritaria ricade così pesantemente su di esse; tanto più che esse contribuiscono già, attraverso il sistema fiscale, al sostegno economico della scuola statale e si devono, eventualmente, far carico aggiuntivamente della scuola paritaria. È significativo che il calo di iscrizioni alle scuole cattoliche sia iniziato circa dieci anni fa (-170.000 alunni in otto anni), in coincidenza con la crisi economica che ha dirottato la spesa delle famiglie verso i consumi più necessari, costringendo a tagliare, per esempio, sulla scuola dei figli.

Qual è oggi la situazione delle scuole cattoliche? Quali le maggiori difficoltà? E qual è il contributo che possono dare alla società?

La situazione è molto difficile.

C’è da essere ammirati del lavoro svolto, spesso con sacrifici aggiuntivi, da chi vi lavora, rispetto a quanto il compito scolastico ordinariamente esige. Ma tanti istituti fanno fatica ad andare avanti. E i risultati per qualità dell’offerta formativa, dell’ambiente educativo e del clima scolastico sono di frequente eccellenti. Il contributo che viene dalla scuola paritaria alla società sta nella solidità della proposta educativa e nella capacità umana e intellettuale di chi vi si forma di affrontare il campo aperto della vita sociale.

Quanto la questione educativa ancora oggi è di grande attualità?

È una questione più urgente che mai, anche se la percezione di tale attualità non è avvertita da tutti. Bisogna dire che non mancano osservatori attenti che introducono nel dibattito pubblico contributi importanti di riflessione. È comunque una questione aperta, poiché le nuove generazioni, nelle fasce di inserimento scolastico, denunciano una fatica a crescere che spesso gli adulti non riescono a intercettare o a valutare in tutta la sua portata. Permane la carenza di figure di adulti e di educatori significativi. Insieme e oltre la famiglia, si constata una interruzione nella trasmissione intergenerazionale.

C’è bisogno di un nuovo patto educativo, come chiede il Papa

e che da oltre dieci anni viene invocato da noi come Chiesa in Italia, ma l’appello non trova ampio riscontro, almeno nella misura diffusa che sarebbe necessaria.

Che tipo di impegno chiedete al Governo e alle forze politiche a favore delle scuole paritarie?

Quello di dare compiuta attuazione alla legge approvata venti anni fa, andando oltre schermi ideologici e abitudini mentali inveterate, che impediscono di aprire la scuola ad una libertà effettiva di scelta, il cui frutto sarebbe semplicemente un salto di qualità nel servizio alle nuove generazioni.

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